martedì 18 giugno 2013

Io cinemeggio

Non si scrive così, non farlo mai. Nemmeno se pervaso dal buonumore.
Espongo. Oh yes. E sai dove? Neanch'io; trattasi di un posto chiamato "molto", e la data corrisponde al 27 del corrente mese.
Sì, ci sarà un post dedicato alle dovute coordinate sull evento, non temere, temerario coredico!
Ma ora hanno la priorità le mie più sentite swaiss, visto che non aggiorno il tuo, il suo e il nostro universe coredico forevere green da albori, almeno.
Non posseggo più un computer idoneo alla veloce e pratica navigazione, atta a lasciarmi scrivere di me, per te, con loro. Allora sto qua che mi arrangio, sviluppando un' indole parassitaria in grado di pigiare i tasti della prima tastiera che trovo collegata ad una macchina multimediale. Quindi...sai...
"The Hangover 3". L'ho visto il giorno della sua ufficiale uscita italiana e trovo si tratti della degna conclusione di una trilogia che francamente, ha messo d'accordo differenti generi di persone. Forse non i poser, ma quelli non sò persone. Fanculo.
Bé, prima della visione ti becco Gianni Canova ed è stato di ottimo auspicio. Ti lascio l'istantanea che ci ritrae together.

Todd Phillips porta il branco ad un'avventura esasperata con meno ironia e più azione, tendente oltretutto alla violenza nuda e cruda. C'è una scena che emoziona particolarmente, in quanto thriller a tutti gli effetti. Quando Phil e Alan si catapultano nella suite del caesar palace per catturare Chow, la luce stroboscopica e l'assordante ronzio di una musica incomprensibile, caratterizzano un momento di paura con tanto di assassino nascosto nell'ombra, mentre prostitute ignare e strafatte corricchiano per i corridoi inseguendosi. Momento di disagio addirittura per l'insana sociopatìa di Alan, che in questo terzo episodio ha perso il senno seriamente per ragioni che vengono logicamente spiegate. Maturo come non lo erano i film precedenti, the hangover 3 riesce a terminare con la giusta dose di pappardella moralistica, praticamente impercettibile, dato il persistente respiro del politicamente scorretto che alita dagli esordi del regista. Ma se ami e conosci i lavori, nonchè il linguaggio poetico dell artista di cui parlo, allora capirai che quest'opera è proprio seria e non semplicemente esilarante o cazzuta come i palazzari considerano. Ah sì, la scena della giraffa...Eeeh no: la figata è sentire che dall autoradio di Alan, stanno cantando gli Hanson.
Quando Alan cerca di captare la marca della maglia indossata da Phil, dice che al centro commerciale c'è un bel negozio della diesel; dando per scontato che phil conosca il centro commerciale di cui si sta parlando, perchè è Phil, mica uno stupido. Chicche di un'infantile pazzia studiata e provata a tavolino. Chow punta la pistola verso Phil, ma con posa eroistica e ovviamente comica, Alan si mette tra i due, invitando il cinese a giocare a chi tiene gli occhi aperti più a lungo; la complicità che lega la folle amicizia, fa sì che i due si capiscono subito, come due bambini psicotici. Mi piace cogliere tratti somatici della pellicola che potrebbero esser tralasciabili, ma solo apparentemente, perchè in realtà sono quei giochetti di stile, che lo rendono inconfondibile. E unico.